Monday, August 02, 2004

First day at American University

Sono seduto nel mio ufficio al Center of Congressional and Presidential Studies presso l'American University, Washington DC. Condivido l'ufficio con Sam Garrett, un giovane dottorando che sta scrivendo una tesi sulle strategie di gestione della crisi nelle campagne elettorali per la Camera e il Senato degli Stati Uniti.

Come molti blog, questo non e' un diario, ma un luogo da cui cerco di raccogliere e condividere le idee di un'esperienza. Per i prossimi quattro mesi (almeno) saro' qui a Washington, DC, nel cuore dell'impero, a studiare come i cittadini statunitensi eleggeranno il loro prossimo Presidente, e come i candidati a questa carica cercano di influenzare gli elettori.

Avrei voluto iniziare a scrivere la settimana scorsa, quando mi trovavo a Boston per la Convention del Partito Democratico, che ha incoronato John Kerry e John Edwards come candidati del ticket presidenziale. Alcuni elementi interessanti sono emersi nelle mie corrispondenze con Radio Citta' del Capo. Ora comunque sono qui.

Ho pranzato con James Thurber, intelligente e cordialissimo direttore del Centro di ricerca in cui sto studiando. Tra un boccone e l'altro abbiamo iniziato a parlare delle elezioni.
Pare ci sia nell'aria un certo scetticismo sulla campagna di Kerry. Secondo Thurber, "Noi qui insegniamo che prima ci vuole una strategia e poi dalla strategia discendono la tattica e le singole decisioni. Come Clinton nel 1992, It's the economy, stupid! Invece questo slogan che hanno usato adesso, Stronger at home and respected in the world, e' troppo complesso." [In realta' il Porf. Thurber trova lo slogan talmente ingarbugliato da non riuscire a ricordarlo: glielo ho dovuto ripetere io due volte e dubito che ancora lo ricordi... e mi sembra tutt'altro che una persona priva di memoria.] A un seminario il Prof. Thruber ha chiesto a uno dei sondaggisti di Kerry quali sono le priorita' di Kerry, e il suo interlocutore ne ha elencate almeno dieci. "E' ovvio che i temi sono complessi cosi' come la situazione attuale, ma bisgona comunque ridurre il campo a tre temi prioritari e insistere su quelli," ha detto Thurber, il che mi ricorda di un breve divertissment che ho scritto qualche anno fa, non a caso dopo la mia precedente esperienza negli USA.
Lo slogan di Kerry non e' certo migliore di quello precedente, The real deal, che non significa molto e sembra evocare il New Deal di Roosevelt. In realta' quello slogan aveva un senso nelle primarie, quando Kerry si doveva contrapporre ad Howard Dean. Kerry era il candidato vero, quello che poteva farcela perche' aveva credenziali che a Dean mancavano. Un po' come Walter Mondale nel 1984, quando per contrastare la candidatura dell'emergente Gary Hart utilizzo' lo slogan "Where is the beef?", alludendo alla debolezza e vaghezza politica del suo avversario.

Dunque, quali sono i temi primari? Per gli elettori indecisi, la politica estera questa volta e' la priorita', a differenza di tutta la storia politico-elettorale degli Stati Uniti. Politica estera significa sostanzialmente war. Secondo un sondaggio apparso sul NYTimes durante la Convention, il 36% degli elettori pensa che la politica estera sia il tema piu' importante di questa campagna elettorale.
Molti americani sono scontenti di come Bush ha condotto la guerra. C'e' ancora un 45/48% di elettori che approvano la condotta del Preisdente rispetto all'Iraq, ma l'insoddisfazione sta aumentando. Qui pero' entra in gioco la Convention Repubblicana, che sicuramente lavorera' molto su questi temi e rafforzera' la credibilita' di Bush come Commander in Chief.
In ogni modo una battuta molto diffusa a Washington dice che oltre ai due classici animali della politica americana, l'Asino (Democratici) e l'Elefante (Repubblicani), oggi esiste una nuova bestia, chiamata RINO (Republican In Name Only). In origine il termine era nato per designare politici del Partito Repubblicano che non seguivano una condotta ortodossa rispetto alla linea classica del partito. Oggi tuttavia questa esperessione indica elettori che normalmente si identificano con il partito dell'Elefante, ma che in questa elezione non voteranno assolutamente per George Bush. Il Prof. Thruber sostiene che c'e' molto disappunto anche nelle forze armate rispetto alla condotta di Bush.

Dopo la guerra, il secndo tema importante e' la homeland security. E' un problema legato al terrorismo, ma per molte madri, specie tra gli elettori indecisi, "sicurezza" significa che il loro figlio puo' camminare da casa a scuola senza essere assalito. Lo choc per l'attentato dell'11 Settembre ha fatto crescere la paura anche tra le mura domestiche, facendo fare un salto in avanti a quel processo di "privatizzazione dell'insicurezza" descritto magistralmente da Zygmunt Bauman.

Poi c'e' il problema dei jobs, che e' molto acuto soprattutto nei battleground States. Quelli in cui si decideranno le elezioni e in cui la campagna elettorale sara' piu' intensa, mentre qui a Washington non vedremo praticamente nulla (ma per fortuna c'e' Internet a colmare il vuoto).

Segue poi il tema della healthcare, che non riguarda solo i 44 milioni di americani che non hanno assistenza sanitaria, ma anche i piu' benestanti, che oggigiorno faticano a ottenere il servizio di cui hanno bisogno.

Abbiamo parlato di molte altre cose, ma non di un fattore che sicuramente sara' cruciale, cioe' il turnout, l'affluenza alle urne. Se e' vero che questa volta l'affluenza aumentera', forse occorre pensare questa campagna elettorale in termini diversi.

Dunque, a Kerry manca una linea chiara, una visione strategica da cui partire per poi farne discendere le varie decisioni in termini di tattica. La stessa critica che veniva fatta a Gore nel 2000. Di quella campagna Kerry ha mantenuto, almeno in questa fase, il linguaggio populista, presentandosi come "champion" della classe media e degli americani in difficolta'. E' quello che i Repubblicani - e anche qualche commentatore - chiamano Class Warfare e non sembra funzionare alla perfezione. Nel 2000 servi' a Gore, su suggerimento di Stan Greenberg, per dare freschezza e autentiticta' al suo messaggio. Gore sembrava piu' "vero" e sincero quando parlava di voler difendere gli interessi degli americnai in difficolta' contro il big business e i poteri forti sempre in agguato. Ma secondo Shanto Iyengar, uno degli studiosi piu' importanti nel settore, quel posizionamento ideologico cosi' a sinistra ha finito col far perdere le elezioni a Gore. E' possibile che il peggioramento delle condizioni economiche e le controversie legate ad alcune grandi aziende americane oggi rendano quel messaggio piu' accettabile, ma rimane comunque un elemento problematico.

Per oggi questo e' quanto, credo che Sam mi stia per cacciare (non ho ancora una chiave e devo seguire i suoi orari). Come vedete, quello che scrivo per ora non e' affatto sistematico. Sono appunti e osservazioni sparse che spero troveranno un filo conduttore col passare del tempo.